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Perché “Siamo tutti Ruggero”

L’unica salvezza per gli uomini e le donne di questo contradditorio, caotico ventunesimo secolo è circondarsi di bellezza, abbandonarsi a una benefica, rassicurante sindrome di Stendhal senza tachicardia, vertigini e allucinazioni ma piena di un appagato senso di pace che li riconcilia con il mondo. Dove trovarla?

Senza alcun dubbio a Gerace, il “Borgo dello Sparviero” come viene chiamata per avere offerto rifugio nel decimo secolo a.C. agli abitanti della vicina Locri che si rifugiarono sulle alture per sfuggire alle razzie dei Saraceni. A guidarli verso la salvezza fu, appunto, uno sparviero. 

In greco jerax: il rapace forte, dallo sguardo acuto, capace di volare a lungo velocemente e senza stancarsi campeggia nello stemma del Comune e piace pensare che Ruggero il Normanno, certamente abile nell’arte della falconeria – pratica venatoria molto diffusa nel Medioevo – sia stato il protagonista delle battute di caccia in quel di Gerace. Piace immaginarlo mentre, a capo del corteo dei cavalieri l’attraversava e le dame, adorne di gioielli e i capelli elegantemente pettinati lo ammiravano, nascoste dietro le finestre, conquistate dalla sua bellezza e prestanza, tanto da annoverare tra i suoi diversi appellativi anche quello de “il Bosso”.

E allora, sì “Siamo tutti Ruggero” e da suoi convinti ammiratori lo vogliamo come Maestro e Virgilio nella scoperta della Gerace conosciuta anche – oltre che con gli appellativi già ricordati – come la “Piccola Firenze del Sud”, “Città Sacra”, “Gerusalemme dello Jonio”, “Città delle cento Chiese”.

Tante le definizioni e tutte esatte. Perfette per raccontare un luogo che sorprende con le tracce delle sue millenarie, multiformi presenze – bizantine, arabe, normanne, aragonesi – e con una natura fascinosa che muta non soltanto a seconda delle stagioni ma quasi di ora in ora, fondendosi con il verde del Parco Nazionale dell’Aspromonte, con l’azzurro del mare Jonio e del cielo e con le tante sfumature del grigio donate dal lento scorrere del tempo, ai portali e alle finestre dei palazzi gentilizi. Sarà lui il Gran Conte Ruggero e re di Sicilia ad accompagnare i turisti, graditi ospiti, nel viaggio alla scoperta del patrimonio artistico e monumentale, naturale, enogastronomico, delle tradizioni popolari.

E fedele al suo motto: “Dextera Domini feciti virtutem, dextera Domini extaltavit me” ovvero “La destra del Signore ha fatto meraviglie, la destra del Signore mi ha dato la forza” i suoi amati sudditi lo sentiranno sempre vicino. Gli uni e gli altri, insieme, lo ritroveranno nelle strade, nei monumentali edifici civili e religiosi, nell’ospitalità raffinata ma senza inutili orpelli, nel dolce e nei piatti a lui delicati. E nel profumo dei ciclamini che, all’improvviso invade e trasportandoli in altri mondi. Gerace: eterna malia.

Alfonso Sarno